Quelle strane palle rugose…

Copertina

Copertina – Sferula di Arenaria del Monte Gottero o palla da cannone? Fotografa a Monterosso al Mare nel 2014.

Sfera naturale o manufatto?

Qualche tempo fa un amico mi ha chiesto cosa pensassi di una strana forma rocciosa trovata sul Monte Gottero, cima di 1639 metri nell’Appennino Ligure di Levante (Figura 1, da PINTUS S., DEL SOLDATO M. e IALLONGHI M., 1985).
Era una strana pietra rotonda, sub-sferica, con un diametro di una cinquantina di centimetri, di arenaria grigia (Figura 2).
Esaminandola con attenzione  si potevano distinguere alcune lineazioni naturali, quali le tracce indicate dalle frecce rosse. In particolare, quelle indicate dal numero 1 di Figura 2, si potevano riferire a locali distacchi a seguito di un urto, pur senza entrare nel merito se fossero stati accidentale (per caduta) o intenzionali (da percussione). Ancora, la traccia rossa indicata con il numero 2 di Figura 2 sembrava una microfrattura (che appariva molto rettilinea) anch’essa  evidenziatasi a seguito di uno
shock subito dal blocco. La traccia indicata dal numero 3 di Figura 2 era forse quella di origine più incerta.  La sua forma arcuata suggeriva alcuni dubbi sulla sua completa naturalità. Ciò anche in funzione delle labili tracce rettilinee visibili poco sopra ed indicate dal numero 4 di Figura 2
Diverso fu il ragionamento scaturito dall’osservazione della lunga lineazione ad andamento circolare indicata dalle frecce verdi (numero 5 di Figura 2). Questa poteva essere l’unica ad avere un riscontro antropico. Apparentemente era molto regolare, continua e pareva simulare una sorta di gradino fra la parte inferiore (a destra nella foto) e quella superiore. Forse il blocco sub-sferico era stato adagiato su una forma circolare, cava, litica o magari, meglio, metallica. La traccia poteva essere il risultato di una abrasione ottenuta per rotazione della sfera lungo il suo asse zenitale, poi erosa dalla permanenza sul terreno. Questa interpretazione era comunque coerente con le osservazioni sul lato opposto della sfera …

Cosa c’è di simile in natura

Altri monoliti di arenaria, sferici (Figura 3 da ZANICCHI, 2015) o in forme più complesse (Figura 4 e Figura 5), provengono, numerosi, da un’antica cava di arenaria oggi abbandonata e ricolmata in Comune di Assemini (CA).
Litologicamente sono …blocchi di arenaria (Formazione di Pirri, n.d.a.) a grana molto grossolana (grovacca), con abbondanti granuli di quarzo limitatamente arrotondati e presenza di rari gusci pressochè integri di lamellibranchi (presumibilmente pettinidi di età pliocenica) di dimensione centimetrica nonché abbondantissimi frammenti degli stessi gusci di dimensione millimetrica e submillimetrica… (ZANICCHI, 2015).
Altresì, la citata Formazione delle Arenarie di Pirri è nota per la presenza di sfere litiche inglobate nei suoi strati serravalliani della zona di Cagliari. Il fenomeno va sotto il nome popolare delle Palle di San Lorenzo (Figura 6).
Altri esempi spettacolari si trovano in Messico, Costa Rica, Nuova Zelanda, Turchia, Bosnia, Tunisia, etc. Fra questi sono le sfere di Bisti Badlands in New Mexico (Figura 7, Figura 8 e Figura 9), o quelle di Worthington in Ohio (Figura 10), o lo spettacolare tappeto di sfere di Zaafarana in Egitto (Figura 11) o quelle del Parco Nazionale Ischigualasto in Argentina (Figura 12).
Anche più vicino a noi ne abbiamo piccoli esempi, come sulla spiaggia del Circolo Velico di Monterosso dov’è stata scattata l’immagine di Figura 13.

Come si formano queste palle rugose?

Innanzitutto l’arenaria è una roccia sedimentaria. 
Gran parte delle arenarie, comprese quelle liguri, inoltre, sono originate da imponenti frane sottomarine scivolate lungo la scarpata continentale, attraverso profondi canyons (arenarie torbiditiche, v. Figura 6). 
A questo meccanismo si deve poi aggiungere quello, occasionale, che ha prodotto le forme più o meno sferiche descritte sopra. Ad esempio, il meccanismo di genesi degli sferoidi a frazione granulometrica maggiore dell’altipiano di Montalbano Elicona (Messina, Figura 14) è spiegato, in letteratura, con il distacco (per erosione) di frammenti conglomeratici dalla scarpata continentale. Questo sarebbe stato innescato dallo scivolamento repentino dell’onda di torbida, nonché dall’accrescimento e sfericizzazione durante il rotolamento, favorito dai moti vorticosi presenti.
Secondo un’altra teoria, l’accrescimento degli sferoidi sarebbe stato ulteriormente influenzato e favorito dall’insorgere di fenomeni piezoelettrici nei granuli quarzosi ed elettrochimici. Ma questo è ancora tutto da verificare. Assolutamente improponibile è invece la teoria che vede rappresentata in questi oggetti l’origine della magica pietra filosofale.
Quello connesso alla corrente di torbida sarebbe anche il meccanismo di formazione delle ricordate palle di San Lorenzo che compaiono nelle Arenarie di Pirri (Figura 6). 
Altra storia è quella degli sferoidi carbonatici devoniani intercalati in formazioni scistose dell’Ohio o nei noduli sferoidali di diaspro (v. qui Figura 11) della sequenza della Miniera di Cassagna (Val Graveglia, Genova).

Immagine citata nel testo

Figura 1 -Alto bacino del Fiume Vara- Assetto geologico schematico (disegno di Stefano PINTUS, 1983).

In Liguria Orientale

Su gran parte del Promontorio Occidentale della Spezia, fra la città capoluogo e le Cinque Terre, affiora l’Arenaria Macigno. Si presenta a grana più o meno fine, compatta, come ad esempio lungo la costa di Tramonti. Oppure sotto forma di amigdaloidi molto compatte.
La presenza delle amigdali è irregolare; la facies stratigrafica presenta strutture gradate con dimensioni variabili dei granuli, fino alla grandezza di un cece (varietà cicerchina dei toscani) ed oltre (macigno puddingoide di CASELLI, 1922). L’Autore ricorda che …sui monri Bermego e Bramapane s’incontrano banchi d’arenaria ad elementi di forma ovoide aventi un diametro massimo di 40 cm formati a strati concentrici che, spesso per azioni atmosferiche, si presentano come grandi conche ed anche, per la loro degradazione totale, danno luogo a fori ovoidali. Fenomeno che si nota nelle così dette Rocche di Vezza, massi di arenaria che si trovano sul dorso che separa Riomaggiore da Carpena
Commercialmente molto nota è l’Arenaria di Biassa, cavata sui monti Verrugoli, Bramapane e della Serra Albana. Da queste proveniva il materiale merceologicamente migliore estratto nel 1914 in una quindicina di cave.
L’Arenaria Macigno di Biassa è stata utilizzata per zoccoli, basamenti, gradini, stipiti, soglie e parti decorative, oltre che come materiale da pavimentazione stradale. Ancora il CASELLI (1922) ricorda che …per quest’ultimo uso è pietra eccellente e venne prima usata in tacchi nel 1823-24 per lastricare nella nostra città via del Prione  fra Porta Genova e la Marina. In seguito poi fu usata a Genova (dov’era chiamata Pietra della Spezia) e Milano sempre per pavimentazione. Anzi a questo riguardo stimo opportuno far noto che a Milano non diede risultati troppo soddisfacenti. Ma risultò in seguito ad indagini fatte dalla Camera di Commercio, che l’arenaria usata e che passava col nome di arenaria della Spezia, era invece della punta del Mesco (Levanto). …Il fatto fu riconosciuto dallo stesso Municipio di Milano che rilasciava la seguente dichiarazione: “Nella pavimentazione della via Meravigli, l’impresario, volendo introdurre il suo materiale a Milano, impiegò tutta pietra eccellente e di una sola cava (la cava di S. Antonio della Punta del Mesco presso Levanto) da cui proviene una arenaria a grana grossa assai resistente. Lo stesso impresario quando fu deliberato della pavimentazione del corso Vittorio Emanuele e delle vie Carlo Alberto e Margherita vi impiegò pietre di diverse cave, sia per poter finire il lavoro nel tempo prescritto, sia per suo risparmio di spesa…”.

Prima dell’arenaria, la sabbia

L’arenaria è stata una ricchezza fin dalla preistoria. Con l’arenaria si scolpivano i pesi da telaio, le macine per i cereali, le statue stele della Lunigiana, nonché, più recentemente, i conci, gli stipiti e gli architravi per l’edilizia e le palle da cannone (Figura 15).
L’utilizzazione specifica della varietà Macigno è molto diffusa nello spezzino e nella Lunigiana, mentre nel levante e nel genovesato era diffusa, in alternativa, un’altra arenaria con caratteristiche simili a quella: l’Arenaria Superiore dei monti Gottero-Zatta-Ramaceto (DEL SOLDATO e PINTUS, 1985; Figura 1).
Come nel caso della Pietra del Gottero, capita sovente di trovare frammenti più o meno grandi di arenaria che presentano tracce e lineazioni che è ben difficile stabilire se siano naturali o antropiche. È il caso, ad esempio, di due grossi frammenti rinvenuti nella zona di Biassa (Figura 31 e Figura 32) o di un terzo, recentemente, trovato presso la chiesa di Nicola (Figura 33). Quest’ultimo è stato segnalato sulla pagina Facebook di Marco GRASSI che ne rapporta le tracce a quelle, simili, di alcune raffigurazioni di ornamenti femminili di tre statue stele della Lunigiana. Purtroppo la lastra è solo un frammento… chissà… In vero, negli ultimi anni, non sono mancati ritrovamenti frammentari molto più indicativi (Baia Blu di Lerici, v. FIgura 9  e Monte delle Forche di Levanto, v. Figure 11 e 12).
Arenaria significa anche sabbia. Sabbia di mare e sabbia di fiume. Anche queste sono state da sempre utilizzate per gli intonaci mescolate alla calce. E la sabbia, in questi termini, è stata  una risorsa geologica, per altro anche rinnovabile grazie ai continui apporti fluviali, agli eventi alluvionali ed all’azione continua e distributrice del mare sulle spiagge di bassa energia.
Una ricchezza per i borghi costieri e quelli  posti nelle pianure perifluviali, come ci raccontano le fotografie storiche.
La sabbia era raccolta sul litorale del Tigullio, da Sestri Levante (Figura 16) a Genova-Foce (Figura 17), mentre  nell’Entella, sponda di Chiavari, c’era addirittura un frantoio per macinare pure la ghiaia ed i ciottoli del fiume (Figura 18 e Figura 19).

E la rena (sabbia) doveva arrivare anche in città

Naturalmente servivano grandi quantitativi di sabbia (rena) anche nelle città, le grandi città in espansione. 
Qualcuna era fortunata, era attraversata da un fiume che aveva addirittura favorito la nascita di un’attività e di una corporazione di lavoratori. Altre dovevano approvvigionarsi dall’esterno, meglio se potevano contare su vie d’acqua e darsene. Questo era il caso, ad esempio, di Milano attraversato dal suo naviglio (Figura 20, Figura 21 e Figura 22).
Fra le prime ricordiamo Firenze con i suoi renaioli. Erano coloro che, alle prime luci dell’alba, nei periodi di secca, salivano sul loro barchetto (Figura 23 e Figura 24), e a andavano scavare la rena (Figura 25 e Figura 26), tappezzando l’alveo dell’Arno di buche. Operazione era la setacciatura (Figura 27) per eliminare la ghiaia ed i ciottoli, prima di caricarla sui barrocci, i carri utilizzati per il trasporto ai cantieri (Figura 28, Figura 29 e Figura 30).
Vale la pena di terminare con una aneddoto fra storia e realtà. Giorgio RADDI, dentista, musicista e scrittore di Sanfrediano, ricorda la figura del Bacchette, il bucaiolo più famoso di Firenze. Il termine bucaiolo viene utilizzato dall’Autore senza riferimento triviale ma solo per il mestiere di scavare buche.
Ebbene il Bacchette era un renaiolo di Santa Rosa. ..Era un atleta dal fisico asciutto e muscoloso, pelle bruciata dal sole cocente (…), credo fosse analfabeta, però furbo come una faina, sveglio dalla vita dura che lo rendeva attento alle cose del mondo e alla natura
Il Bacchette è ricordato come un eroe della mitologia fiorentina, una presenza rassicurante che conosceva il fiume come le sue tasche. …Ho assistito a diversi suoi salvataggi, tirava fuori dall’acqua chiunque e di qualunque mole, così, come una palata di rena!

distretto di Ghat, Libia

Casaccia, Scarperia e San Piero, città metropolitana di Firenze, Italia

Firenze, città metropolitana di Firenze, Italia

Firenze, città metropolitana di Firenze, Italia

Darsena, Viale Gorizia, Milano, città metropolitana di Milano 20123, Italia

Chiavari, città metropolitana di Genova, Italia

Foce, Genova, città metropolitana di Genova 16129, Italia

Sestri Levante, città metropolitana di Genova, Italia

Biassa, La Spezia, provincia della Spezia, Italia

Carpena, Riccò del Golfo di Spezia, provincia della Spezia, Italia

Riomaggiore, provincia della Spezia, Italia

Tramonti, Riccò del Golfo di Spezia, provincia della Spezia, Italia

Montalbano Elicona, città metropolitana di Messina, Italia

Ischigualasto Dipartimento di Santa Lucía, San Juan, J5411, Argentina

Zafarana House, Ras Ghareeb, Governatorato del Mar Rosso 84, Egitto

Worthington, Ohio, Stati Uniti d'America

Alamo, Nuovo Messico, Stati Uniti d'America

Assemini, città metropolitana di Cagliari, Italia

Monterosso al Mare, provincia della Spezia, Italia

Monterosso al Mare, provincia della Spezia, Italia

Note di aggiornamento

2024.11.17

Valle dei Pianeti in Libia
È una delle meraviglie del mondo, trovare sul pianeta terra e in un deserto, quello che assomiglia a pianeti e corpi celesti, tutto questo con rocce e pietre anche la sabbia hanno la forma simile allo spazio e allo sfondo dei pianeti come lo vediamo in foto e video, come riportato dagli astronomi.
Questo luogo è stato chiamato la Valle dei Pianeti nella regione di Kufra in Libia, e questa regione è uno dei tesori dello Stato libico con il suo deserto, anche se non molti lo conoscono.
Si trova vicino ad Al-Uwainat Al-Gharbia vicino alla città di Ghat, nel sud-ovest della Libia, nell’estremo deserto, in una valle conosciuta come “Wan Tkufi”, nell’area che si estende da Hamada alle alture Ghat
Forse è la più strana della Libia, se non la più strana del mondo, in questa valle lontana dall’area di Al-Owainat (circa 1130 km a sud di Tripoli), enormi rocce prendono la forma di pianeti, in modo che chi visita questa valle si senta come se fosse nello spazio.
Il diametro medio di ogni roccia è di circa 10 metri, poiché queste rocce sferiche sono impilate fianco a fianco per una distanza di circa 30 km.
È anche conosciuto come “wan takufi” in lingua tuareg. Ciò che contraddistingue anche quella valle è che ha un solido terreno roccioso senza acqua né agricoltura.
 
da FB_Atef Khelili Fotografo

Bibliografia

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Flysch di Capo d’Orlando nei Peloritani occidentali (Sicilia). In Geol. Romana, Vol. 21, 113‐123, Roma.
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CATALANO S. e DI STEFANO A. (1996). Nuovi dati geologici e stratigrafici sul
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DEL SOLDATO M. e PINTUS S. (1985). Studio geologico storico delle attività e delle tecniche estrattive nella Liguria Orientale. Mhm. Acc. Lunig. di Sc. G. Capellini, v. XLV-XLVII (1975-1977), 5-131, La Spezia.
GUERRERA F. e WEZWL F.C. (1974). Nuovi dati stratigrafici sui flysch
oligomiocenici siciliani e considerazioni tettoniche relative
. Riv. Min. Sic.

PINTUS S., DEL SOLDATO M. e IALLONGHI M. (1985) – Le alluvioni di Levanto (1981) e dell’Alta Val di Vara (1982): meccanismi, ripetitività, implicazioni geologiche, morfologiche e pluvio-meteoriche. In Mem. Soc. Geol. It. 30 (1985), 89.102. 19 ff.
TINTERRI, R., MUZZI MAGALHAES P. eTAGLIAFERRI A. (2012). Foredeep turbidites of the Miocene Marnoso‐arenacea Formation (Northern Apennines).
Geol. F. Trips, Vol. 4, No. 2.1.
ZANICCHI M. (2015). Sfere ed agglomerati litici della Sardegna meridionale. Origine naturale o opera dell’uomo? Da web

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