Copertina – L’immagine icona della cava di Valle Lagorara: un mazzuolo in eclogite impiegato per l’estrazione di nuclei di radiolarite dagli affioramenti e le tracce di percussione sugli strati di diaspro e radiolarite nei quali è stata impostata la cava cinquemila anni fa (da CAMPANA, N., DEL SOLDATO, M., MARTINO, G., e NEGRINO, F., 2013)
Prologo
La prima volta che sono stato in Valle Lagorara (Figura 1 e Figura 2 e ricostruzione multimediale) fu nei primissimi anni Ottanta del secolo scorso. Ero con un collega sulla strada per Maissana, di fronte ad un affioramento di candidi Calcari a Calpionelle. Li vicino c’era una vecchia cava abbandonata, aperta nello stesso materiale.
Ad un certo punto la nostra attenzione fu catalizzata da un obelisco di roccia rossa un pinnacolo con sopra una croce: la Rocca di Lagorara (Figura 3). Ci inerpicammo per un sentiero sporco in direzione del picco, approdando poi su uno sterrato. Questo lo lambiva quasi alla base per inoltrarsi, poi, ai piedi di alte pareti verticali (Figura 4 e Figura 5), contrappuntate da accumuli di frammenti e grossi massi di crollo (Figura 6, Figura 7 e Figura 8).
Di fronte, in alto, la vetta pelata del Monte Porcile (Figura 9).
Ci raggiunse un giovane di corsa. Stava cercando una sua cavalla che doveva partorire. Si era staccata dal branco sul Porcile…
Era un posto magico. Ma il fascino, l’emozione e l’importanza di quel luogo sarebbe esplosa di li a poco, dopo che Sergio NICORA, depositò al Museo Archeologico di Chiavari una cassetta di schegge ottenute da frammenti di quel diaspro, da uomini di 5000 anni fa.
Ero rimasto impressionato e, soprattutto, inspiegabilmente emozionato da quel luogo, quella Valle Lagorara. E fui fortunato, qualche tempo dopo, di poter partecipare, come topografo, alle prime ricerche e scavi archeologici che portarono a scoprire la più importante ed antica cava di diaspro (Figura 10) per la produzione di manufatti litici scheggiati.
La roccia, un risorsa antica
…La conoscenza dei luoghi di approvvigionamento, la consapevole selezione della materia e il grado di specializzazione tecnica richiesta per la sua lavorazione hanno indotto inoltre a ipotizzare il formarsi, già nelle prime fasi del Neolitico, di artigiani itineranti che si spostavano da un villaggio all’altro con nuclei preformati, atti a soddisfare la richiesta locale (GAMBARI, 1996), oppure di villaggi specializzati, in cui alcune figure con alto grado di saper fare periodicamente si occupavano dell’approvvigionamento e della lavorazione della materia prima… (PÉTREQUIN, et al., 2005). Questi modelli sono stati proposti in modo particolare per il Neolitico antico e medio.
È un’origine ed una tradizione che perdura nello spazio e nel tempo. Ad esempio, già nel Mesolitico (8000 a.C.) sulle Alpi, presso il ghiacciaio del Brunnifirn, nella Svizzera centrale, erano cercati e lavorati i cristalli di quarzo purissimo (MISICKA, 2022) per ricavarne punte di freccia, grattatoi e punteruoli (Figura 11). È una scoperta recente i cui scavi, a oltre 2800 metri di quota (Figura 12), si svolgono con difficoltà dal settembre 2020. Una scoperta possibile solo per il progressivo ritiro del ghiaccio e per la segnalazione di un cercatore di cristalli.
Una situazione che, seppure riferita a cominciare da 5000 anni fa, ritroviamo intatta in Valle Lagorara, ma anche in tutto il distretto estrattivo della Liguria Orientale: Val Graveglia, le regioni di Libiola e Monte Loreto per i minerali, ma anche la Piaccia di Suvero, il Tigullio, Pignone, Monte Carpione (Ameglia), il Promontorio Orientale della Spezia, la foce del Magra, la Lunigiana, etc..
Il diaspro, la più tipica risorsa geologica della Liguria Orientale
In Liguria Orientale non si trova l’ossidiana (Figura 13), se non di importazione, ed anche la selce è molto rara.
L’industria litica si è dovuta orientare all’impiego di succedanei, di altri litotipi, con le medesime caratteristiche di scheggiabilità.
Ecco la scoperta e la verifica di suscettività d’uso dei diaspri, o meglio delle radiolariti presenti in specifici e precisi livelli della Formazione dei Diaspri. È stata una delle prime risorse materiali della Liguria Orientale per la sua diffusione sul territorio.
Si sa che la striscia di territorio compresa fra l’autostrada e la ferrovia è una terra aspra e scontrosa. Una terra di marinai… Ma forse non è proprio così.
La Liguria Orientale è la terra dei Monti sono vecchi. Una terra piena di risorse naturali che la capacità dell’uomo ha saputo trovare, sperimentare, sfruttare, usare e impiegare. La geologia e l’archeologia del paesaggio ci insegnano quanta sia la ricchezza di risorse naturali. Ed in Liguria Orientale la natura le ha rese disponibili all’ingegno umano per realizzare un nuovo paesaggio. Quello dei castellari, delle cave e delle miniere, degli insediamenti produttivi e stabili, fino ai monumenti.
Il mare? Dal mare sono arrivati i primi colonizzatori (Figura 14). E poi, ma solo molto più tardi, il mare è stato, a sua volta, una risorsa per commerci e conquiste (Figura 15).
Figura 10 – Rilievo topografico del sito archeologico di Valle Lagorara eseguito nel 1990 (da CAMPANA N., MAGGI R., NEGRINO F., 1993).
…È chiaro dal confronto dei grafici che l’attività estrattiva del diaspro per l’industria litica scheggiata e del minerale di rame iniziarono contemporaneamente poco dopo il 4000 cal BC… (MAGGI & PEARCE, 2013).
Il diaspro della Liguria Orientale
Sul significato del termine diaspro esiste una cospicua letteratura geologica. Il termine è stato utilizzato in maniera differente, litologica o formazionale man mano che le conoscenze si affinavano.
Meno confusa è l’interpretazione in senso archeologico dove, pragmaticamente, è utilizzata solo come litologia generale. Vero è che nelle pubblicazioni più recenti è diffusamente impiegato anche, e più correttamente, il termine radiolarite per indicare quella specifica facies di diaspro impiegata diffusamente per la produzione di manufatti scheggiati.
La sequenza stratigrafica dei Diaspri di Monte Alpe (definizione ufficiale CARG, Carta Geologica d’Italia) è costituita dalla sovrapposizione di termini litologici differenti, sia per caratteristiche composizionali, che chimiche, che meccaniche.
In Liguria Orientale la Formazione dei Diaspri (Titoniano) costituisce affioramenti di dimensioni areali e potenza estremamente variabili. Quelli più ampi e rappresentativi sono presenti nell’entroterra del Tigullio (zona ofiolitica della Val Graveglia-Bargonasco-Bracco). Procedendo verso est (Rocchetta Vara) gli affioramenti si riducono drasticamente, divenendo presenze quasi occasionali, fino a scaglie disarticolate, testimoni mantenutesi all’interno dei movimenti orogenetici.
I termini che si alternano a costituire la potente serie dei Diaspri di Monte Alpe sono gli argilloscisti silicei (inadatti alla scheggiatura), le selci a radiolari (con struttura microcristallina analoga a quella dei noduli di selce provenienti dal Calcari a Calpionelle e le radiolariti (staterelli costituiti essenzialmente da radiolari della superfamiglia delle Liosphaericoe di Campbell).
Queste ultime sono omogenee, compatte, dure, a frattura concoide molto sviluppata e superfici lucide. La forma più tipica assume colorazione rosso vinata ed aspetto ceruleo. In alternativa presentano una grandissima varietà di cromatismi dal bianco latteo, al nocciola, al verde. Non sono infrequenti livelli zonati o con tracce di organismi limivori sulle superfici di strato. In sezione sottile appaiono come nuvole di gusci tondeggianti, talvolta con punte (Figura 16 e Figura 17) oppure i gusci sono raccolti in orizzonti o bande. Il passaggio da radiolarite a selce a radiolari è funzione dell’abbondanza dei resti animali e può avvenire anche nell’ambito del medesimo stato.
Un giorno di 5000 anni fa a Lagorara
Immaginiamo di trovarci in un giorno qualsiasi fra il 2920 ed il 1890 a.C (intervallo radiocarbonico).
A quell’epoca, in Liguria Orientale, il diaspro e la radiolarite erano rocce particolarmente apprezzate e ricercate. Sono rocce sedimentarie, essenzialmente silicee con contenuto variabile di radiolari. Hanno colore rosso vinato o verdastro. Ma la loro caratteristica fondamentale è la frattura concoide. Per questa particolarità ed analogia con la selce e l’ossidiana, il diaspro e la radiolarite ne possedevano la medesima scheggiabilità. Erano i succedanei della selce, rara nel Tigullio, e della pregiata ossidiana, il più noto vetro vulcanico, reperibile solo in poche località insulari italiane (Sardegna, Monte Arci, Lipari Figura 13, Pantelleria, …).
Cinquemila anni fa i Liguri avevano perfezionato una tecnica estrattiva specifica per staccare i nuclei di diaspro e radiolarite dagli affioramenti (Figura 18). Come detto, il sito estrattivo più importante era la cava di Valle Lagorara, scoperta nel 1987. Riconosciuto lo staterello più adatto e siliceo veniva percosso con mazzuoli di eclogite (Copertina) o altra roccia molto dura fino a staccare frammenti o per tracciare un solco circolare attorno ad un nucleo che veniva poi staccato. Da questi nuclei erano ricavati, per scheggiatura, degli abbozzi di utensili: i prelavorati.
Al contrario della metodologia estrattiva, è possibile che la tecnica della scheggiatura sia stata imparata o importata. Con questa tecnica erano prodotti utensili fondamentali per la caccia e la vita quotidiana: punte di freccia, punteruoli, lame di coltello e raschiatoi indispensabili alla caccia, al trattamento delle prede e delle pelli ed a numerosi usi quotidiani.
Lagorara: l’estrazione e la scheggiatura del diaspro
Immaginiamo i primi cavatori arrampicati su improbabili scale appoggiate alle pareti rocciose (Figura 18 e Figura 19), intenti a staccare liste di diaspro che venivano trasportate ai piedi della cava. Qui, soprattutto sotto un riparo costituito da un grande masso di crollo (Figura 22), avveniva la scheggiatura dei prelavorati in forma di ogiva. Era l’abbozzo di una punta di freccia da portare altrove per scambiarlo o completarlo successivamente.
La scheggiatura avveniva per fasi successive. Iniziava staccando una lama da un frammento di cava (Filmato 2) impiegando un percussore di pietra. Quindi con altri percussori litici di dimensioni sempre inferiori veniva sgrossata la lama (Filmato 3) in ogive e poi in forme appuntite (Filmato 4). Quindi, mediante un corno di cervo e infine una punta di rame erano ricavate le alette (Filmato in 5). La freccia era pronta (Filmato 6). Come detto, a Lagorara erano prodotti solo semilavorati, abbozzi di manufatti. Le fasi successive erano le più delicate per le possibili rotture finali… E poi, li, non c’era tempo. A Lagorara erano prodotti i semilavorati da esportare, per scambiarli o per terminarli in altri momenti. Quando? ad esempio aspettando il passaggio della selvaggina ai Piani del Biscia o dove si andava ad abbeverare. Li le attese erano lunghe, talvolta snervanti. Non si poteva neppure accendere un fuoco altrimenti gli animali non sarebbero arrivati. E quindi c’era la disponibilità di tempo. Talvoltai tanto tempo… E allora si poteva riempire quel tempo per rifinire le punte di freccia (Filmato 6). Durante la caccia le frecce si rompevano o andavano perse e ne occorrevano sempre di nuove. Poi le punte dovevano essere immanicate sull’asta. Dovevano essere legate molto forte e serrate a caldo con la resina. Ma per questa ultima operazione si trovava un altro momento o un altro posto perché era necessario un fuoco.
Finalmente ecco la preda avvicinarsi. Ora tutta l’attenzione si concentra sulla caccia… si ripongono in fretta gli abbozzi, le frecce, i ciopper, le punte di corno e quelle di rame… ma si lasciano i testimoni delle operazioni… gli scarti, le schegge (Figura 20). E magari anche una punta rotta (Figura 21) che troveranno fra qualche migliaio di anni… gli archeologi.
Lagorara… prima di essere un sito archeologico
Sedicesimo secolo. Nei suoi Castigatissimi Annali… Agostino GIUSTINIANO descrive, fra l’altro, Genova ed il suo territorio. Fra le …ville… che si trovano a oriente di Genova ricorda Zoagli e Chiavari per addentrarsi, poi, nell’entroterra.
Qui, dopo Carro, incontra …la villa di Mattarana ql cóntiene settanta foghi in circa, & poi oltre Castello cò vintidoi, & piu a basso Lagorara, qle e una valletta con vinti case sparse, & ascendendo dallagorara su la strada Romea, si da al Pericoloso passo nominato Pietra crosora o sia Pietra collica, & poi si da in una regione nominata Vasa, piena di castagneti & di alberi silvestri… (GIUSTINIANO, 1537).
È, forse, la più antica citazione del toponimo “Lagorara”, inteso come abitato sparso. E forse alcuni di questi venti edifici potrebbero essere quelli dei Casoni della Pietra (MILANESE, 1998).
Precedente è solo la testimonianza, ancora vivida, di un castagneto molto particolare. È un castagneto ceduato, con alberi centenari, che manifesta ancora le caratteristiche di coltivazione com’era eseguita fin dal Medievo (Figura 23). Si trova poco dopo Santa Maria di Maissana, a margine dello sterrato per la Valle Lagorara.
Un’ultima citazione che vale la pena di ricordare è ottocentesca. È il telegrafico ricordo degli …avanzi dell’antico castello detto Lagorara… STEFANI, 1835, p. 660)…
Serie di video di archeologia sperimentale realizzati nei primissimi anni Novanta del secolo scorso presso il Museo Archeologico di Chiavari. Un operatore esegue la scheggiatura di una lista ricavata da un grosso frammento di diaspro. Utilizzando differenti percussori (ciopper di differenti litologie e dimensioni, punte di corna di cervo e di rame immaginata) produce un semilavorato e quindi una punta di freccia con alette.
La punta di freccia è stata poi riprodotta digitalmente per l’animazione finale.
Maissana, provincia della Spezia, Italia
Maissana, provincia della Spezia, Italia
Maissana, provincia della Spezia, Italia
Maissana, provincia della Spezia, Italia
Maissana, provincia della Spezia, Italia
Maissana, provincia della Spezia, Italia
Bibliografia
CAMPANA N., NEGRINO F., MAGGI R., NICORA S. (1988). Scoperta di un’officina litica in Valle Lagorara (Maissana, La Spezia), In Giornale Storico della Lunigiana e del Territorio Lucense, XXXIX – 1988, pp. 83-94.
CAMPANA N., MAGGI R., NEGRINO F. (1993). 4000 anni fa a Maissana. Una cava preistorica di diaspro scoperta in Valle Lagorara. Grafica Piemme, Chiavari.
CAMPANA N., MAGGI R., NEGRINO F. (1998). Le cave di diaspro di Valle Lagorara e Boschi di Liciorno (Maissana, SP). In AA.VV. 1998, pp. 145-147.
CAMPANA N., MAGGI R., PEARCE M. (1998). Miniere preistoriche di rame a Libiola e Monte Loreto, in AA.VV. 1998, pp. 138-141.
CAMPANA N. e MAGGI R. (2002) a cura di. Archeologia in Valle Lagorara. Diecimila anni di storia intorno a una cava di diaspro. Origines – Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze.
CAMPANA N., NEGRINO F. (2002). Considerazioni sull’uso della grotta, in Valle Lagorara, pp. 317-318.
CAMPANA, N., DEL SOLDATO, M., MARTINO, G., e NEGRINO, F. (2013). Gli affioramenti di rocce silicee in Liguria orientale e il loro sfruttamento durante la Preistoria. In A. M. STAGNO (A cura di), Montagne incise. Pietre incise. Archeologia delle risorse nella montagna mediterranea. Atti del Convegno (Borzonasca, 20-22 ottobre 2011), p. 75-86. Firenze, All’Insegna del Giglio.
CAMPANA, N., DEL SOLDATO, M., NEGRINO, F., e PEARCE, M. (2013). Appendice. Indizi di attività estrattive. Archeologia in Liguria, Nuova serie, Volume III(2008-2009), 27.
CAMPANA, N., GERVASINI, L., e ROSSI, S. (s.d.). Val di Vara: elementi per lo studio storico archelogico, dalla preistoria alla romanizzazione. In Storia e territorio della Val di Vara (p. 32-107).
CAPELLINI, G. (1862). Le schegge di diaspro dei monti della Spezia e l’epoca della pietra. G. Vitali alle Scienze, Bologna, 1-14.
DE PASCALE, A., MAGGI, R., MONTANARI, C. e MORENO, D. (2006). Pollen, herds, jasper and copper mines: Economic and environmental changes during the 4th and 3rd millennia BC in Liguria… Environmental Archaeology , 11(1), 115-124.
GAMBARI, V. (1996). La lavorazione della pietra verde nel Piemonte preistorico. In AA.VV., Le vie della pietra verde (p. 66-73).
GHIRETTI, A. (2003). Preistoria in Appennino. Le valli parmensi di Taro e Ceno (Vol. 1). Parma: Comune di Borgo Val di Taro.
GIUSTINIANO, A. (1537). Castigatissimi annali con la loro copiosa tauola della eccelsa e illustrissima republi. di Genoa, da fideli e approuati scrittori, per el reuerendo monsignore Agostino Giustiniano genoese vescouo di Nebio accuratamente racolti. Genova.
MAGGI R. (2002). Le datazioni radiocarboniche, in Valle Lagorara, pp. 321-327.
MAGGI, R. (2015). I monti sono vecchi. Archeologia del paesaggio (seconda edizione 2017 ed.). Genova, De Ferrari.
MAGGI, R., e CAMPANA, N. (2008). Archeologia delle risorse ambientali in liguria: estrazione e sussistenza fra iv e iii millennio bc. Bull. Mus. Anthropol. préhist. Monaco,, 1, suppl.(66-74).
MAGGI, R., e DE PASCALE, A. (2011). Fire making water on the Ligurian Apennines. In M. v. Sarti (A cura di), Hidden Landscapes of Mediterranean Europe Cultural and methodological biases in pre- and protohistoric landscape studies Proceedings of the international meeting Siena, Italy, May 25-27, 2007(p. 105-112). Oxford: BAR International Series 2320.
MAGGI, R. e PEARCE, M. (2013). Cronologia mineraria in Liguria. In D. COCCHI GENICK (A cura di), Cronologia assoluta e relativa dell’età del rame in italia Atti dell’Incontro di Studi Università di Verona, 25 giugno 2013. primo, p. 5-15. Verona: QuiEdit.
MAGGI, R., e PEARCE, M. (2005, march). Mid fourth-millennium copper mining in Liguria, north-west Italy. The earliest known copper mines in Western Europe. Antiquity, 66-77.
MANNONI T. (2002). Prefazione, in Archeologia in Valle Lagorara. Diecimila anni di storia intorno ad una cava di diaspro. A cura di N. CAMPANA E R. MAGGI, Firenze, pp. 15-16.
MILANESE, M. (1998). Archeologia e storia di un “alpeggio” dell’Appennino ligure orientale. I Casoni della Pietra nella Valle Lagorara (Maissana, SP). Archeologia Postmedievale, 2, pp. 9-54.
MISICKA, S. (2022, luglio 26). Sulle orme degli antichi cercatori di cristalli. SWI swissinfo.ch.
NEGRINO, F., e STARNINI, E. (2010). Dinamiche di sfruttamento e circolazione delle materie prime silicee per l’industria litica scheggiata in Liguria tra Paleolitico inferiore ed Età del Rame. Tratto da ResearchGate: https://www.researchgate.net/publication/285663056
NEGRINO, F., e STARNINI, E. (2013). Red Radiolarite Availability in Western Liguria? A Challenging Enigma from Ortovero (Savona, Liguria, Northern Italy). Ressources lithiques, productions et transferts entre alpes et méditerranée (p. 45-54). Nizza: Actes de la journée de la société préhistorique française. 28-29 marzo 2013.
NEGRINO, F., AROBBA, D., COLOMBO, M., GHIRETTI, A., SERRADIMIGNI, M., TOZZI, C., e TALAMO, S. (2019). Estrazione e lavorazione della radiolarite nell’Appennino emiliano durante l’età del Rame: il sito di Ronco del Gatto (Bardi, Parma). In L. B. Maria Maffi (A cura di), Convegno di studi in onore di Maria Bernabò Brea. Parma 8-9 giugno 2017 (p. 183-191). Piacenza: Archeotravo.
PERONI, G. (2012-2013). Rassegna delle lame di pugnale silicee a ritocco foliato, rinvenute nei siti dell’italia settentrionale: fra approvvigionamento delle materie litiche, catena operativa, diffusione e inquadramento crono-culturale. Tesi di Laurea in Preistoria e Protostoria, Università degli Studi Di Verona, Beni Culturali, Verona.
PÉTREQUIN, P., PÉTREQUIN, A., ERRERA, M. C., CROUTSCH, C., KLASSEN, L., ROSSY, M., ROSSI, G. D. (2005). Beigua, Monviso e Valais. All’origine delle grandi asce levigate di origine alpina in Europa occidentale durante il V millennio. Rivista di scienze preistoriche, LV, 265-322.
SAMMARTINO, F. (2006). Cercatori di minerali dell’Età dei Metalli nel territorio livornese. Rassegna di archeologia preistorica e protostorica, 22A, 141-147.
STEFANI, G. (1835). Dizionario Generale geografico-statistico degli Stati Sardi (Vol. Unico). Torino, Torino, Stati Sardi: Cugini POMBA e com. Editori.
TYKOT, R. H. (2007). Early Neolithic Obsidian Trade in Sardinia: the Coastal Site of Santa Caterina di Pittinuri (Cuglieri – OR). UE – Interreg III A Francia – Italia “Isole” Toscana, Corsica, Sardegna, ASSE III – Scambi transfrontalieri Misura 3.1. Ghezzano: Felici Editore.