Appendice all’articolo Le miniere in Valle Anzasca nel primo Settecento con le immagini e le trascrizioni dei documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Milano.
Archivio Autore: Marco Del Soldato
L’attività mineraria della Valle Anzasca continuava ad assumere, ancora nel primo Settecento, un carattere fra il clandestino e l’alchemico.
L’amministrazione centrale, ancora legata alla Spagna, continuava ad interessarsi solo marginalmente all’attività, seppure fosse molto attenta a fiscalizzare ogni risorsa. Ma preferiva non interferire con gli interessi del feudatario. Di conseguenza perseguiva una politica di non ingerenza nei privilegi di nobiltà e clero sui cui consensi si reggeva la presenza straniera in Italia. Conseguentemente risulta ovvia la freddezza che suscitarono le notizie raccolte, per altro in assoluta segretezza, dal barone d’Engelhard e da questi inoltrate al Governatore di Milano nell’agosto del 1725.
Ristabilito in diritto sulle miniere goduto dalla famiglia BORROMEO, dopo il contenzioso con i D’ADDA, le attività furono regolate da una serie, sempre la stessa, di capitoli, stesi nelle successive concessioni
Appendice all’articolo Capitoli per coltivare una miniera in Valle Anzasca nel Seicento con i riferimenti e le trascrizioni dei documenti citati.
I documenti sono conservati in alcune cartelle dell’Archivio di Stato di Milano.
Ristabilito in diritto sulle miniere goduto dalla famiglia BORROMEO, dopo il contenzioso con i D’ADDA, le attività furono regolate da una serie, sempre la stessa, di capitoli, stesi nelle successive concessioni
Nel Genovesato seicentesco si è sviluppata un’industria originale, quelladel battere moneta. La famiglia piu’ impegnata in questa attività fu quella del Principe Carlo CENTURIONE-SCOTTO che costruì la loro prima Zecca. La Zecca di Campi. L’attività fu proseguita dai suoi successori, prima con grande fortuna, ma poi con qualche problema causato dai luigini prodotti per il Levante (Turchia in particolare).
Quella del battere moneta era un’industria del tutto particolare. Ne resta traccia nell’archivio della Famiglia.
In quell’area e nei possiedimenti dei CENTURIONE-SCOTTO erano presenti anche giacimenti cupriferi. Le storiche miniere di Rovegno. Chissà se anche quel rame è stato impegnato per la monetazione
Copertina – Alcune tombe della necropoli dell’Età del Ferro di Cafaggio (Ameglia, La Spezia) dalla quale provengono le fusaiole litiche studiate. Le fusaiole: oggetti d’uso e di prestigio Le fusaiole sono piccoli oggetti di forma generalmente conica o biconica dotate di foro assiale, anch’esso conico, bionico o cilindrico. Queste sono le forme prevalenti e più […]
Un’arte ed una pietanza provenienti dal medioevo di Varese Ligure, dove che sono rimaste profondamente radicate nella cultura materiale locale.
Ci sono tracce di queste “lasagnette” tonde anche nel Basso Piemonte e nel Ponente Ligure. Ma a Varese Ligure hanno radici differenti. E vanno ricercate più nella cultura materiale che nella storia scritta e documentale. Una tradizione ancora viva nelle sapienti mani di un paio di artiste e di altrettanti cuochi.
La successione di Giovanni Borromeo innescò diversi problemi per la divisione dei feudi fra gli eredi. Si complico’ anche la situazione amministrativa privilegiando ed incrementando le attività clandestine. queste furono ulterioremente favorite dalla crescente richiesta di minerali preziosi, connessa alla diffusa penuria di disponibilità instauratasi sui mercati italiani a partire dalla fine del XVI secolo.
Tuttavia bisogna lasciar decorrere almeno un secolo (fino al 1642) per trovare nuovi riscontri storici sulle attività minerarie anzaschine.
Entro’ quindi di scena la famiglia D’ADDA che, con l’esperienza maturata nelle miniere della Valsesia e con l’autorizzazione di Milano, entro’ di prepotenza sulle potenzialità della Valle Anzasca.
Col 13 dicembre 1463 cambiano le regole dello sfruttamento minerario della Valle Anzasca (e non solo). Quel giorno Giovanni BORROMEO riceve da Francesco SFORZA, a titolo di regalia, il diritto di eseguire o far eseguire ricerche e coltivazioni minerarie (per oro, argento, ferro e qualunque altro minerale) nell’ambito dei territori novariensis. Una benevolenza ducale che traeva certo origine dai preziosi servigi (prevalentemente di tipo finanziario) che da più decenni i BORROMEO hanno operato ai VISCONTI e, in particolare, a Francesco SFORZA. loro successore.
Miniere antiche. Certamente molto antiche. Pochi dati storici, sporadici e controversi. Molti indizi.
Ne è nata una grande leggenda. Le prime miniere aperte dai Celti? O dai Romani… Resti di legno combusto. Antichi strumenti di ferro consunti. Gallerie anguste, ma non è il respiro della montagna… E poi Facino Cane che si arricchisce e batte moneta…
È bello pensarlo. Ma la realtà è stata più dura.
In seguito ai risultati positivi delle ricerche minerarie di Giovanni D’ADDA in Valle Anzasca si aprì un contenzioso con i BORROMEO sul diritto di “cavar mettalli”.
Infatti ambedue le famiglie avevano ricevuto tale “diritto”. I D’ADDA nel 1639 da Diego Felipez de Guzman marchese di Leganes, Governatore e Capitano dello Stato di Milano ed i secondi già dal 1481 da Joannes Galeazi Maria Sfortia Vicecomites Mediolani.
Qui si possono trovare, sulla questione, le trascrizioni dei documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Milano.
Il barnabita Ermenegildo PINI, matematico, architetto, teologo e naturalista. Studioso illuminato fra Settecento e Ottocento. Mineralogista e creatore di musei di storia naturale. In questo ambito ha coadiuvato anche Lazzaro SPALLANZANI a Pavia e Mantova. Per la storia delle miniere è stato soprattutto un ispettore delle miniere della Repubblica italiana dopo l’ingresso dei Francesi a Milano. Lascia un patrimonio di pubblicazioni e documenti presso l’Archivio Stato di Milano.
Questo è il testo integrale della concessione rilasciata l’11 dicembre 1683 ai fratelli Antonio e Carlo BERTOLINI dal Magistrato Ordinario dello Stato di Milano. La concessione è conseguente alla scoperta di una miniera sul Monte Carcoforo, in Valsesia …ritrovandosi questa alla cima de Monti Alpestri… Il documento originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Milano (Commercio p.a., cart. 206)
L’ultimo articolo per introdurre la storia delle miniere d’oro della Valle Anzasca.
Parliamo delle miniere d’oro più importanti ed antiche. Parliamo della Bessa dove hanno estratto oro dal deposito morenico sia i Salassi, prima, che i Romani, poi.
Una ricchezza e un metodo di coltivazione originale che dopo i Romani hanno utilizzato anche i gol figger americani.
L’ultimo articolo sulla storia dell’oro e le leggende nate intorno al metallo.
Un breve viaggio lungo le coste del Mediterraneo, e non solo, alla ricerca di altre storie e leggende. Dalle ragazze che raccoglievano le pagliuzze con le piume di uccello al Vello d’oro, Giasone e gli Argonauti.
Ma anche gioielli ostrogoti, arabi e fenici.
La storia dell’oro di Roma. Dalle spedizioni in Transilvania e Spagna, all’ sfruttamento della grande ed anomala miniera della Bessa sottratta agli Ictimuli.
Storie di sfruttamento umano e, talvolta, ambientale. Ma anche storia di gioielleria. Da quelli raffinati di influenza frega ed etrusca, a quelli pacchiani della fine dell’impero.
Le auge sono le miniere d’oro spagnole. Una dettagliata descrizione dei cantieri e del sistema di abbattimento del minerale si trova nella Naturalis Historiae di Plinio il Vecchio. È interessante la traduzione-interpretazione del MICHELETTI, ex ingegnere del Corpo delle Miniere di Torino.
In questa parte della storia delle miniere di Valle Anzasca l’oro sarà descritto dal punto di vista naturalistico.
Quindi sarà affrontata l’evoluzione del significato del metallo. Da oggetto di scambio e baratto a merce di scambio, da moneta a bene-rifugio, fino a soggetto d’arte per orafi e artigiani in ogni civiltà.
In tutta questa storia hanno giocato un ruolo fondamentale le caratteristiche naturali del metallo. Le caratteristiche chimiche, fisiche, minerali, cristallografiche. E, soprattutto la sua inalterabilità!
E poi la diffusa presenza nei giacimenti primari (all’interno delle rocce incassanti) e secondari (nelle alluvioni fluviali, lacustri e nell’acqua di mare.
Questo articolo verte sul testo della relazione sull’oro dei territori di terraferma del Regno Sabaudo (Regno di Sardegna), redatta dalll’ing. Benedetto Spirito Nicolis di Robilant nel 1786.
Il documento è conservato presso l’Accademia delle Scienze di Torino (Manoscritto n. 032). Successivamente l’Autore eseguì alcune modifiche e correzioni per procedere alla pubblicazione negli Atti dell’Accademia.
Il testo della Relazione che viene riportato in questa sede è uno dei manoscritti donati dalla figlia Irene all’Accademia.
La relazione qui pubblicata a supporto ad altri articoli che compaiono su www.archeominosapiens.it.
L’oro dell’Egitto. Una storia che viene da lontano.
L’oro identificava Râ in terra, il Sole da cui tutto proviene, e questa filiazione dava legittimità al faraone ed a tutta la sua progenie. Egli era l’unico possessore dell’oro e delle miniere aurifere, lui solo lo distribuiva agli artigiani ed agli artisti e lui solo poteva commerciarlo e goderne i proventi o barattarlo con oggetti di lusso e/o armi a titolo di scambio di doni fra monarchi.
Tutto l’universo dell’oro girava intorno a Râ, il Sole, il faraone.
Un lavoro del 1984-85 pubblicato come resoconto nel 1987. un’analisi di tipo geologico-petrologico eseguita sulla muratura di un paramento della Pieve di San Venerio in Antoniano.
Ma soprattutto il ricordo di una delle prime esperienze in questo campo. In quel caso fu condotta con il collega Stefano PINTUS, nell’ambito degli scavi diretti da Eliana Maria VECCHI.
La storia delle miniere d’oro di Macugnaga inizia dal medioevo. Ma forse anche da epoca più antica, come testimonierebbe la campanella romana trovata nei pressi delle miniere dei Cani.
Ma cominciamo dal medioevo e dai documenti presenti negli archivi per raccontare la storia dell’oro della Valle Anzasca.
Saranno diversi articoli fra loro legati dal fil rouge dell’oro…
Il complesso minerario Semovigo – Le Cascine è costituito da diversi scavi di assaggio e di coltivazione, sia a cielo aperto che in galleria. I lavori sono distribuiti entro un’area compresa fra l’abitato di Semovigo, il Passo della Camilla e le Cinque Vie-Madonna della Corona, in Val Graveglia (entroterra del Tigullio).
Il riscontro dei lavori più antichi è documentato dal Jervis che negli anni Settanta dell’Ottocento raccolse alcuni campioni di calcopirite in una delle discariche lasciate da una società inglese circa venti anni prima.
Questa storia che viene da lontano prende spunto dalle dispendiose ricerche minerarie eseguite intorno al 1977 dalla Società canadese COMINCO e da alcune originalità che caratterizzano il complesso minerario (foto A. Valli).
Comincia, con questo primo articolo, una serie di scritti sulla storia naturale ed estrattiva dell’oro. Servirà per introdurre la storia delle miniere d’oro della Valle Anzasca, peraltro già accennata in un paio di articoli già presenti sul sito.
Questo primo articolo tratterà a volo d’uccello le origini dell’utilizzo dell’oro.
L’attrazione per un metallo lucente e inalterabile divenuta oggetto di desiderio. Da oggetto di desiderio a status simbol il passo è stato breve.
Una materia facile da lavorare e di facile metallurgia. Duratura nel tempo con caratteristiche invariabili. Talvolta di facile reperibilità negli ambienti più disparati. Una storia antica. Una storia che continuerà ne futuro.
In copertina: uno dei campioni di Libyan Desert Silica Glass studiati. Proemio Quest’anno, e precisamente nello scorso mese di novembre, si è celebrato il centenario della scoperta della tomba del faraone Tutankhamon (Figura 8).Nell’occasione, la rivista Archeologia Viva (n. 216, novembre 2022), ha ripercorso le fasi precedenti e finali della scoperta, corredando l’articolo con numerose […]
L’archeologia svizzera, e soprattutto quella del Cantone Vallese, si è arricchita di nuove scoperte. In quest’ottica è stata fondamentale l’assistenza ai recenti ed importanti interventi edilizi assistenza eseguita dall’Ufficio Archeologico Cantonale.
Le notizie sono state diffuse dalla stampa anche se i siti ed i reperti sono ancora in gran parte in corso di studio. Ma sulla base di quanto pubblicato è possibile una prima panoramica.
Un ampio scavo di sbancamento ha fornito l’occasione ricostruire l’evoluzione di una valle affluente del torrente Petronio di Sestri Levante.
Da un’indagine archeologica sono emerse strutture e pochi materiali, ma utili a consentire una datazione di massima del fenomeno. Il risultato saliente è stata la conferma del limite dell’espansione della locale area paludosa di bordatura dell’ingestione marina di epoca romana e medievale.
Riprendiamo ancora una volta il lavoro delle donne nelle miniere e cave della Liguria Orientale. Ma questa volta per dare un nome ad alcuni dei volti delle vecchie fotografie. Con l’occasione sono ricordate altre donne le cui capacità sono state volutamente ed anche violentemente represse. Ma senza riuscirci. Oppure la cui fantasia è diventata professione, anche da lasciare in eredità. Storie che vengono da lontano. Storie comunque grandi.
L’alabastro, o meglio le concrezioni che si formano dall’attività carsica, sono state da sempre oggetto di ricerca, estrazione ed utilizzo un po’ ovunque. Anche nelle grotte più note e famose non mancano, spesso, camere di asportazione delle concrezioni che, ridotte in lastre abbastanza sottili da essere traslucide, erano destinate ad utilizzo ornamentale.
A questa “logica” non è sfuggita la Grotta Grande di Pignone (SP). Qui, già dal XVII secolo erano state notate e attenzionate, a scopo estrattivo e ornamentale, le sue concrezioni. Ma è dall’Ottocento e fino al 1955 che si hanno notizie certe della loro estrazione e commercializzazione.
Certo una risorsa per il paese di Pignone, soprattutto nel Dopoguerra, ma l’alienazione di un patrimonio naturale la cui rigenerazione potrà attendersi solo in tempi geologici.