Alla morte di Carlo Borromeo (1734) il feudo della Valle Anzasca passò allo scialacquatore, libertino e dissennato Federico. Questi, nelle sue perenni difficoltà economiche, cercò di recuperare denaro da tutto, comprese le concessioni per le miniere d’oro. È risaputa anche la gestione monopolistica degli eminenti della Valle che cercarono, con intrighi ed intrecci, il massimo loro rendimento. Ma le necessità economiche del conte Federico si incrociarono con la sua diffidenza nei concessionari è da qui nacque la necessità di recarsi, con scorta e corteggio, in Valle.
Archivio Autore: Marco Del Soldato
Alla morte di Carlo Borromeo (1734) il feudo della Valle Anzasca passò allo scialacquatore, libertino e dissennato Federico. Questi, nelle sue perenni difficoltà economiche, cercò di recuperare denaro da tutto, comprese le concessioni per le miniere d’oro. È risaputa anche la gestione monopolistica degli eminenti della Valle che cercarono, con intrighi ed intrecci, il massimo loro rendimento. Ma le necessità economiche del conte Federico si incrociarono con la sua diffidenza nei concessionari è da qui nacque la necessità di recarsi, con scorta e corteggio, in Valle.
Recentemente sulla stampa locale, e su YouTube, è stato reso noto che Lavagna ha ricevuto una serie di finanziamenti per eseguire interventi di protezione del suo lungo litorale.
Finalmente è stata superata l’ottica palliativa dei ripascimenti. Sono interventi strutturali fra i quali sono previste alcune dighe soffolte parallele alla costa.
Una novità per quel tratto costiero, ma un’intuizione che risale almeno al 1979.
Nei primi del Settecento la miniera era affittata dai conti Borromeo ad una società locale.
Il minerale era trattato all’amaolgamazione almeno da 1763.
Come tanti cantieri della Valle Anzasca anche questa miniera fu abbandonata e riscoperta alla fine dell’Ottocento. Fu questa un’epoca di rivitalizzazione delle imprese minerarie qui, come in gran parte d’Italia.
1959: scoperta della necropoli predomina di Chiavari.
1960-1969: campagne di scavo archeologico condotte da Nino LAMBOGLIA con applicazione del metodo stratigrafico.
1979: primo allestimento del Museo Archeologico partendo dalla necropoli di Chiavari ed estendendosi via via alle grandi scoperte della cava di Lagorara e delle miniere preistoriche di Libiola e Monte Loreto. Ma senza perdere di vista tutte le altre realtà, dal castellerò di Uscio alla Piaccia di Suvero età….
Oggi il nuovo allestimento con un occhio particolare all’ambiente ed alle risorse del territorio, per arrivare, poi, fino al Medioevo di Chiavari. Infine la pubblicazione della guida al nuovo Museo Archeologico Nazionale di Chiavari
Nel Settecento si sono prodotte le due grosse frane. Sono la frana di Diablerets e quella di Le Liapey a Derborance. Un’angusta e selvaggia valle alpina. I corpi di frana hanno ostruito completamente la valle. Conseguenza? si è formato un laghetto alpino, pittoresco e da formato un ambiente fatato: Herennes al pascolo, raclette, assieme vallesienne, fendant…
Dal riordino dei materiali del museo archeologico di Chiavari emerge un frammento di ciottolo molto particolare.
È un frammento di ciottolo da ambiente litorale, di arenaria, scavato alla base dello strato romano. La sua particolarità è quella di essere attraversato da una grande quantità di lineazioni, mollite naturali (fratture), ma alcune tracciate o graffiate da azione meccanica.
C’è stata intenzionalità in questo? Ipotesi affascinante…
Copertina – Il castello a Varese Ligure in Val di Vara. Edificato dai Fieschi passò ai Landi, alla Repubblica di Genova, alla famiglia Rossignotti e in lascito, al Comune. Antonio Cesena, un cronista controverso Antonio CESENA nacque a Varese (Ligure) all’inizio del XVI secolo, secondo HEARN, BALZARETTI e WATKINS (2015) il 15 giugno 1507. Poco si conosce della […]
Copertina – Vico del Borgo: peducci in ardesia a sostegno di lastre aggettanti. Lavagna, città sul mare Il fattore che ha maggiormente condizionato l’insediamento costiero, almeno nel settore delle pianure del fiume Entella e del torrene Rupinaro, è stato il meccanismo di formazione delle loro pianure alluvionali. Soprattutto è stata determinante l’evoluzione sia morfologica che […]
la situazione socio economica dell’Ossola e della valle Anzasca in particolare è descritta dal generale Vincenzo d’ORMEA, governatore di Novara. È in quel periodo che si affaccia all’industria mineraria la famiglia TESTONE che segnerà la storia mineraria con un fortunato epilogo qualche anno dopo. Ed è in quel periodo che fanno la loro comparsa gli immigrati tirolesi nelle miniere
Appendice all’articolo La famiglia TESTONE dalla seconda metà del Settecento sulla base del le trascrizioni dei documenti dell’Archivio di Stato di Novara e dell’Archivio Privato Saverio Albasini di Losanna.
Il passaggio dell’Alto Novarese (fino alla sponda destra del Lago Maggiore) al Regno Sardo, nelle mani di Carlo Emanuele III (1748), non provocò immediate ripercussioni sull’andamento dell’attività estrattiva della Valle Anzasca.Tuttavia la nuova amministrazione aveva già dimostrato il suo interesse all’industria mineraria in precedenza. E lo dimostra la regolamentazione fatta con le Regie Patenti del 6 novembre 1738
Il complesso minerario Semovigo – Le Cascine è costituito da diversi scavi di assaggio e di coltivazione, sia a cielo aperto che in galleria. I lavori sono distribuiti entro un’area compresa fra l’abitato di Semovigo, il Passo della Camilla e le Cinque Vie-Madonna della Corona, in Val Graveglia (entroterra del Tigullio).
Il riscontro dei lavori più antichi è documentato dal Jervis che negli anni Settanta dell’Ottocento raccolse alcuni campioni di calcopirite in una delle discariche lasciate da una società inglese circa venti anni prima.
Questa storia che viene da lontano prende spunto dalle dispendiose ricerche minerarie eseguite intorno al 1977 dalla Società canadese COMINCO e da alcune originalità che caratterizzano il complesso minerario (foto A. Valli).
Appendice all’articolo Le miniere in Valle Anzasca nel primo Settecento con le immagini e le trascrizioni dei documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Milano.
L’attività mineraria della Valle Anzasca continuava ad assumere, ancora nel primo Settecento, un carattere fra il clandestino e l’alchemico.
L’amministrazione centrale, ancora legata alla Spagna, continuava ad interessarsi solo marginalmente all’attività, seppure fosse molto attenta a fiscalizzare ogni risorsa. Ma preferiva non interferire con gli interessi del feudatario. Di conseguenza perseguiva una politica di non ingerenza nei privilegi di nobiltà e clero sui cui consensi si reggeva la presenza straniera in Italia. Conseguentemente risulta ovvia la freddezza che suscitarono le notizie raccolte, per altro in assoluta segretezza, dal barone d’Engelhard e da questi inoltrate al Governatore di Milano nell’agosto del 1725.
Ristabilito in diritto sulle miniere goduto dalla famiglia BORROMEO, dopo il contenzioso con i D’ADDA, le attività furono regolate da una serie, sempre la stessa, di capitoli, stesi nelle successive concessioni
Appendice all’articolo Capitoli per coltivare una miniera in Valle Anzasca nel Seicento con i riferimenti e le trascrizioni dei documenti citati.
I documenti sono conservati in alcune cartelle dell’Archivio di Stato di Milano.
Ristabilito in diritto sulle miniere goduto dalla famiglia BORROMEO, dopo il contenzioso con i D’ADDA, le attività furono regolate da una serie, sempre la stessa, di capitoli, stesi nelle successive concessioni
Nel Genovesato seicentesco si è sviluppata un’industria originale, quelladel battere moneta. La famiglia piu’ impegnata in questa attività fu quella del Principe Carlo CENTURIONE-SCOTTO che costruì la loro prima Zecca. La Zecca di Campi. L’attività fu proseguita dai suoi successori, prima con grande fortuna, ma poi con qualche problema causato dai luigini prodotti per il Levante (Turchia in particolare).
Quella del battere moneta era un’industria del tutto particolare. Ne resta traccia nell’archivio della Famiglia.
In quell’area e nei possiedimenti dei CENTURIONE-SCOTTO erano presenti anche giacimenti cupriferi. Le storiche miniere di Rovegno. Chissà se anche quel rame è stato impegnato per la monetazione
Copertina – Alcune tombe della necropoli dell’Età del Ferro di Cafaggio (Ameglia, La Spezia) dalla quale provengono le fusaiole litiche studiate. Le fusaiole: oggetti d’uso e di prestigio Le fusaiole sono piccoli oggetti di forma generalmente conica o biconica dotate di foro assiale, anch’esso conico, bionico o cilindrico. Queste sono le forme prevalenti e più […]
Un’arte ed una pietanza provenienti dal medioevo di Varese Ligure, dove che sono rimaste profondamente radicate nella cultura materiale locale.
Ci sono tracce di queste “lasagnette” tonde anche nel Basso Piemonte e nel Ponente Ligure. Ma a Varese Ligure hanno radici differenti. E vanno ricercate più nella cultura materiale che nella storia scritta e documentale. Una tradizione ancora viva nelle sapienti mani di un paio di artiste e di altrettanti cuochi.
La successione di Giovanni Borromeo innescò diversi problemi per la divisione dei feudi fra gli eredi. Si complico’ anche la situazione amministrativa privilegiando ed incrementando le attività clandestine. queste furono ulterioremente favorite dalla crescente richiesta di minerali preziosi, connessa alla diffusa penuria di disponibilità instauratasi sui mercati italiani a partire dalla fine del XVI secolo.
Tuttavia bisogna lasciar decorrere almeno un secolo (fino al 1642) per trovare nuovi riscontri storici sulle attività minerarie anzaschine.
Entro’ quindi di scena la famiglia D’ADDA che, con l’esperienza maturata nelle miniere della Valsesia e con l’autorizzazione di Milano, entro’ di prepotenza sulle potenzialità della Valle Anzasca.
Col 13 dicembre 1463 cambiano le regole dello sfruttamento minerario della Valle Anzasca (e non solo). Quel giorno Giovanni BORROMEO riceve da Francesco SFORZA, a titolo di regalia, il diritto di eseguire o far eseguire ricerche e coltivazioni minerarie (per oro, argento, ferro e qualunque altro minerale) nell’ambito dei territori novariensis. Una benevolenza ducale che traeva certo origine dai preziosi servigi (prevalentemente di tipo finanziario) che da più decenni i BORROMEO hanno operato ai VISCONTI e, in particolare, a Francesco SFORZA. loro successore.
Miniere antiche. Certamente molto antiche. Pochi dati storici, sporadici e controversi. Molti indizi.
Ne è nata una grande leggenda. Le prime miniere aperte dai Celti? O dai Romani… Resti di legno combusto. Antichi strumenti di ferro consunti. Gallerie anguste, ma non è il respiro della montagna… E poi Facino Cane che si arricchisce e batte moneta…
È bello pensarlo. Ma la realtà è stata più dura.
In seguito ai risultati positivi delle ricerche minerarie di Giovanni D’ADDA in Valle Anzasca si aprì un contenzioso con i BORROMEO sul diritto di “cavar mettalli”.
Infatti ambedue le famiglie avevano ricevuto tale “diritto”. I D’ADDA nel 1639 da Diego Felipez de Guzman marchese di Leganes, Governatore e Capitano dello Stato di Milano ed i secondi già dal 1481 da Joannes Galeazi Maria Sfortia Vicecomites Mediolani.
Qui si possono trovare, sulla questione, le trascrizioni dei documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Milano.
Il barnabita Ermenegildo PINI, matematico, architetto, teologo e naturalista. Studioso illuminato fra Settecento e Ottocento. Mineralogista e creatore di musei di storia naturale. In questo ambito ha coadiuvato anche Lazzaro SPALLANZANI a Pavia e Mantova. Per la storia delle miniere è stato soprattutto un ispettore delle miniere della Repubblica italiana dopo l’ingresso dei Francesi a Milano. Lascia un patrimonio di pubblicazioni e documenti presso l’Archivio Stato di Milano.
Questo è il testo integrale della concessione rilasciata l’11 dicembre 1683 ai fratelli Antonio e Carlo BERTOLINI dal Magistrato Ordinario dello Stato di Milano. La concessione è conseguente alla scoperta di una miniera sul Monte Carcoforo, in Valsesia …ritrovandosi questa alla cima de Monti Alpestri… Il documento originale è conservato presso l’Archivio di Stato di Milano (Commercio p.a., cart. 206)
L’ultimo articolo per introdurre la storia delle miniere d’oro della Valle Anzasca.
Parliamo delle miniere d’oro più importanti ed antiche. Parliamo della Bessa dove hanno estratto oro dal deposito morenico sia i Salassi, prima, che i Romani, poi.
Una ricchezza e un metodo di coltivazione originale che dopo i Romani hanno utilizzato anche i gol figger americani.
L’ultimo articolo sulla storia dell’oro e le leggende nate intorno al metallo.
Un breve viaggio lungo le coste del Mediterraneo, e non solo, alla ricerca di altre storie e leggende. Dalle ragazze che raccoglievano le pagliuzze con le piume di uccello al Vello d’oro, Giasone e gli Argonauti.
Ma anche gioielli ostrogoti, arabi e fenici.
La storia dell’oro di Roma. Dalle spedizioni in Transilvania e Spagna, all’ sfruttamento della grande ed anomala miniera della Bessa sottratta agli Ictimuli.
Storie di sfruttamento umano e, talvolta, ambientale. Ma anche storia di gioielleria. Da quelli raffinati di influenza frega ed etrusca, a quelli pacchiani della fine dell’impero.