Battista SPINOLA, il castello di Belforte e l’Abbazia del Boschetto

Copertina

Copertina – Tommasina SPINOLA di profilo dietro il fratello (col cappello nero). Particolare della Pala di Ognissanti di Ludovico BREA (1513) conservata presso il Museo di S.Maria di Castello. Davanti ai due giovani, col capo coperto, la madre Teodorina Spinola, committente dell’opera.

Il castello di Belforte Monferrato

Belforte Monferrato prende il nome dalla fortificazione difensiva del paese (Figura 1). In latino era Bellum Fortium fondato probabilmente in epoca lomgobarda.
Il paese si è sviluppato attorno all’Abbazia fondata dai monaci di Bobbio. In antico questi occupavano la sponda sinistra del fiume Stura, mentre gli abitanti del villaggio si erano insediati lungo la sponda destra. In seguito, la popolazione aveva costruito una piccola cappella dedicata a San Colombano, tutt’ora esistente (Figura 2).
Nel castello di Belforte muore, nel 1539, il sessantasettenne Battista SPINOLA (Figura 3 e Figura 4)) suo feudatario.

Battista SPINOLA

Battista SPINOLA (Figura 3) nasce a Genova nel 1472. È figlio di Tommaso SPINOLA e di Giacomina DORIA.
Grande uomo di legge, nel suo mandato dogale istituisce il Magistrato dell’Abbondanza e incarica l’annalista Giovanni PARTENOPEO di redigere gli Annali della Repubblica.
Uomo di grande cultura, Battista SPINOLA ama moltissimo la letteratura e promuove la sua diffusione. Adora il silenzio e la meditazione. I luoghi nei quali si reca sono due, il castello di Belforte, (Figura 1, Figura 5) con la piccola cappella attigua sulla quale si affaccia la tribuna del piano nobile (Figura 27), e l’Abbazia di San Nicolò del Boschetto
. Ambedue i luoghi sono congegnali a quest’uomo schivo: la vigna li univa. L’uva, la coltura per la terra e tutto quello che ne deriva erano una sua passione. Sono gli stessi argomenti che troviamo ancora nel castello di Belforte. Nella sala delle quattro stagioni dell’Abbazia del Boschetto si trovano i mestieri legati alla terra ed ai periodi dell’anno (Figura 6, Figura 7, Figura 8 e Figura 9) che i benedettini, sapientemente nei secoli, ne hanno curato e custodito la memoria.
Questi luoghi di pace erano prediletti dal doge (Figura 3) che li frequenta nella sua vita. Si sposa due volte. La prima moglie è Maria DE MARINI. La seconda, Tommasina (Copertina), pressoché sua coetanea, la sposa nel 1495.

Tommasina SPINOLA

Tommasina LOMELLINI SPINOLA nasce a Genova nel 1474 circa.
Donna di rara bellezza, Tommasina è immortalata nella Pala di Ludovico BREA (Figura 10), conservata in Santa Maria di Castello (Figura 26), che caratterizza l’Incoronazione della Vergine (terminata nel 1513) . Nella tavola compaiono insieme a Tommasina la madre Teodorina SPINOLA, committente dell’opera, e il fratello (Figura 11). Si riconoscono molti personaggi importanti come Cosimo e Lorenzo DE MEDICI (Figura 12), Simonetta CATTANEO (Figura 13 e Figura 14), ispiratrice della Venere e della Primavera di BOTTICELLI, e in mezzo agli altri duecento circa personaggi eminenti, lo stesso Ludovico BREA (Figura 15). 
Alla base, una delle più antiche rappresentazioni del Monte di Portofino, se non la più antica, costituisce lo sfondo naturalistico (Figura 16) alla deposizione ed al sepolcro di Cristo.

Il coup de foudre

Tommasina conosce, il 26 agosto 1502, il cristianissimo Re di Francia Luigi XII (Figura 17) ad un ricevimento per l’inaugurazione della villa Cattaneo, poi Imperiale (Figura 18 e Figura 28).
Luigi XII entra in città trionfante (Figura 19) nell’iconografia sotto un baldacchino, seguito da quattro cardinali. Genova è ai suoi piedi. Lo adorano tutti, uomini e donne. Nella tradizione fa il suo ingresso in groppa ad un mulo coperto da una gualdrappa nera. E dello stesso colore sono l’abito ed il cappello del re.
Al ricevimento ballano.. Luigi XII e Tommasina s’innamorano. Un ballo imbarazzante, per chi osserva, e che dura a lungo.
Tommasina ha 27 anni. Resta (pare) soltanto un amore fitto di lettere scambiate fra i due. Un ammore platonico.
Poi, non si sa bene da che parte sia giunta la notizia, ma Tommasina è informata della morte del suo re. Notizia non vera. Ma lei si lascia morire di dolore.
È il 1505.
Non vuole che il marito si avvicini a lei.
Battista non si capacita e soffre in silenzio.

Immagine citata nel testo

Figura 26 – Illustrazione storica, artistica ed epigafica dell’antichissima Chiesa di Santa Maria di Castello, in Genova, opera di padre. Raimondo Amedeo Vigna dell’ Ordine dei Predicatori, (1864). Da U. Bonzano, 2010.

La fake news

In realtà il re era molto malato, secondo alcuni ferito nella battaglia di Cerignola o, secondo altri, forse affetto dalla sifilide. Ma guarisce.
Apprende della morte di lei.
Rientra a Genova da nemico, travestito da frate cerca la casa di Tommasina dopo averne visitato la tomba. A quel punto la famosa frase: …poteva essere un amore perfetto… . E la tradizione affida il detto al nome di un vicolo e di una piazza (Figura 20). È il luogo ove, presumibilmente, abitava Tommasina, un vicolo nei pressi di Via Orefici (Figura 29).
Battista SPINOLA continua la sua vita. Rimasto solo alla soglia dei trent’anni, prosegue dapprima l’attività di mercante e poi serve la Repubblica come Doge eletto nel 1531.
Muore a 66 anni il 30 agosto (tertio die Kalenda septembris) del 1539. Muore a Belforte, nel suo feudo.
Oggi giace nell’Abbazia di San Nicolò del Boschetto, insieme all’adorata Tommasina (Figura 4).

La morte di Battista SPINOLA

La bella tomba terragna di Battista SPINOLA offre a chi la osserva un volto pacato (Figura 4), fissato nell’eternità che racchiude i drammi, gli idilli, le tragedie, le umiliazioni ed i trionfi di mezzo secolo di vita genovese. La pace del Boschetto e la vicinanza di Tommasina donano serenità al Doge per i secoli a venire.
Il suo epitaffio recita cosi:
A Dio ottimo Massimo, Battista Spinola, figlio di Tommaso, per la virtù manifestata da tutta la città durante l’intero corso delle sue cariche, creato Doge, il secondo della recuperata libertà dei Genovesi (riforma di Andrea Doria del 1528) per il biennio governò la Repubblica, bene e felicemente.
Appena morto nell’anno 1539, il 30 agosto all’età di 66 anni, a Belforte che era suo feudo (fu sepolto), qui (ove) riposa insieme con la precedente morta moglie Tommasina…

Dal vino all’Armo degli SPINOLA

Belforte e Boschetto, quindi, vere oasi di pace dove, sia i monaci che gli SPINOLA si dedicano alla coltivazione della vigna e alla produzione del vino.
In realtà gli SPINOLA al vino si erano dedicati, e sono tutt’ora dediti, con speciale predilezione, anche se non tralasciavano altre attività.
Battevano moneta e erano signori delle principali ville coltive piemontesi, nei quali feudi passavano le utilissime vie di comunicazione tra Genova, Ovada e oltre.
Capostipite ne sarebbe stato Guido, Visconte di Valpolcevera (Figura 21), giunto in Liguria nel 971 a seguito dell’imperatore Ottone I e padre di sette figli, diventato poi signore del Marchesato di Varzi.

Tre sono le possibilità per avvicinarci allo stemma degli SPINOLA, ovvero:

  • due fratelli, Guido e Oberto, fu BELLO BOZUMI, che hanno portato la spina di Cristo dopo un viaggio in oriente. Per tale motivo la spina domina il campo;
  • possono essere stati Signori di Monte Spinola (Varzi);
  • oppure, l’ipotesi più plausibile, sono stati bottai in Piemonte (Figura 22). In quest’ottica l’Armo della famiglia: d’oro alla scaccata di rosso e argento sormontata da una spina da botte di rosso in palo (Figura 23).

Analogie 

Molte analogie ci conducono dal castello di Belforte, ex monastero cistercense, poi benedettino, al Boschetto.
L’austerità e contemporaneamente sobrietà carica di raccoglimento e misticità (ormai desuete) con storie di vite lontane. E certamente i monaci, nelle giornate serene, vedevano la pianura padana, sino quasi alle Alpi e diffondevano il loro credo e la loro cultura agraria.
Chissà se a quei tempi il rito dell’accudimento della vigna si svolgeva con i cavalli o con i muli attraverso i filari. E si affacciavano dall’elegante balconcino (Figura 24) che è molto simile ed eccezionalmente unico a quello delll’Abbazia del Boschetto (Figura 25), per ammirare il verde circostante.
Certamente si servivano per i loro spostamenti di cavalli e muli, quelli stessi animali che un’azienda usa per la coltivazione dell’uva.
Muli e/o cavalli passano tra i filari senza schiacciare il terreno, anzi lo smuovono e lo concimano. La biodinamica dà massima importanza al suolo da cui la pianta trae nutrimento. Cerca attraverso il sovecio, il controletame e il cumulo di ridare vita alla terra rendendola soffice e ricca di insetti utili. Da un suolo vivo nasce una pianta piena di forza vitale che porta un buon frutto.
L’animale, inoltre, ha un rapporto molto stretto con le piante. Anche il solo passare vicino ad esse ha su di loro un rapporto benefico ed entra nella vigna senza danneggiarla, quasi l’accarezzasse.
Chissà se i benedettini e gli SPINOLA usavano questo stesso metodo nei loro feudi di Tessarolo, Ronco Scrivia, Arquata, etc…

Piazza Di Soziglia, 16123 Genova città metropolitana di Genova, Italia

Via Pia, Via Pia 5, Savona, provincia di Savona 17100, Italia

Piazza delle Vigne, Genova, città metropolitana di Genova 16123, Italia

San Nicolò, Genova, città metropolitana di Genova, Italia

Via Degli Orefici, 16123 Genova città metropolitana di Genova, Italia

chiesa di Santa Maria di Castello, Genova, città metropolitana di Genova 16123, Italia

Belforte Monferrato, provincia di Alessandria, Italia

Note di aggiornamento

2024.09.16

PROEMIO
L’uva, la vigna; come nell’Antico Testamento, si parla di uva.
Gli SPINOLA, in special modo, l’avevano nella loro missione per continuare la spiritualità (e la ricchezza)….
Anche altre famiglie, come i DORIA, avevano i pampini e l’uva nei loro emblemi e negli ornamenti delle loro manifestazioni esterne….
Forse, prima che le cose degenerassero i DORIA, come altri nobili, riconoscevano che la zona delle Vigne, doveva avere una Madonna dedicata a quella grande quantità di vigneti. Sarà Santa Maria delle Vigne…

LE IMMAGINI
Ritroviamo richiami e riferimenti alla vigna ed all’uva nei luoghi fondamentali e cari a Battista SPINOLA.
Così sul portale che dà accesso al cortile esterno dell’Abbazia di San Nicolò del Boschetto (Figura A). Qui sono elementi poco evidenti, che vanno cercati con cura. Bisogna guardare sul timpano del frontone, dall’alto, da una delle finestre poste sopra la loggia d’ingresso al monastero. In posizione molto particolare, che lascia intendere un reimpiego di manufatti precedenti, appare un fregio a tralci di pampini e grappoli d’uva (Figura B, Figura CFigura D e Figura E; da BONZANO, MASI E VALLURI, 1996). È una rappresentazione stilisticamente coerente con i bassorilievi della seconda metà del Quattrocento.

Sempre nell’Abbazia di San Nicolò del Boschetto troviamo un’analoga simbologia nella cornice della tomba di Pietro DORIA (Figura F, Figura G e Figura H) e c’è, di fronte, un’immagine della Madonna (Figura I).

Vico del Campanile delle Vigne. Un tempo era un vigneto con una piccola chiesa romanica. Non c’era traccia di pampini e grappoli d’uva neppure successivi, quattrocenteschi. Poi il barocco e la nuova riproposizione dei simboli della vigna in omaggio alla Madonna come Celeste Vignaiola. Qui, una proposta seicentesca molto più innovativa con pampini e grappoli in bronzo dorato (Figura L). Ma anche più dimessa e meno appariscente, con ornati marmorei nel bordo dell’altare (Figura M).

A ben guardare si trovano nuovi indizi anche altrove: a Savona, nel Portale di Via Pia (Figura N-sn) ed ancora a Genova sugli stipiti del Portale di Palazzo GRIMALDI-SPINOLA-COSTA in Piazza di Pellicceria (Figura N, dx) o sul portale di fine Settecento della Confetteria Romanengo in via Soziglia, che celebra le vicinissime vigne (Figura O; BONZANO, MASI E VALLURI, 1996),

Bibliografia

BONZANO U., MASI G. e VALLAURI S. (1996). Antica Abbazia San Nicolò del Boschetto. Scuola Tipografica Don Orione, Borgonovo Val di Taro (PC)

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