L’impianto di Sink Float di Pian di Fieno

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Copertina – Pian di Fieno (fine anni Cinquanta-inizio anni Sessanta del secolo scorso). Stralcio topografico della zona a scala 1:5.000, ottenuto per ingrandimento della tavoletta I.G.M. 1:25.000 (GDS – Arch. Priv.).

L’impianto di Sink Float: una necessità ed un’innovazione

Interesse molto vivo richiamò lo sfruttamento del manganese, poiché esso riguardò la principale miniera ligure che è l’unica in Italia attualmente attiva. Il centro più importante è Gambatesa nella cui concessione sono confluite le altre miniere vicine.
La concessione (FERROMIN n.d.r.) si articola in diversi cantieri che coprono una vasta zona (Figura 1, Figura 2 e Figura 3). Il tenore (del minerale, n.d.r) non è costante oscillando da un max di 40-45% ad un minimo di 10%. La costituzione mineralogica non permette la possibilità di eliminazione della silice con un trattamento meccanico. Il minerale tout-venant (cioè il minerale appena estratto dal fronte di avanzamento, n.d.r.) viene preparato per via meccanica e quindi passa all’impianto di arricchimento (Sink Float)… .
Queste riflessioni dell’allora responsabile dell’impianto (Geom. DEL SOLDATO, documento 1) non hanno data, ma certamente si riferiscono alla metà degli anni Cinquanta, anche se sono state redatte poco prima del 1989 (anno della morte). L’impianto, infatti, è entrato in funzione, seppure inizialmente a livello sperimentale, nel luglio del 1953 (RIGONI, 1954).
L’impoverimento del tout-venant, l’esito delle poche ricerche eseguite fino a quell’anno, l’insufficiente azione della sola cernita a mano, nonché la necessità di ridurre le quantità di “scarto” a discarica resero indispensabile trovare nuove soluzioni. Per altro il manganese era fondamentale in siderurgia e la Val Graveglia era il distretto produttivo più importante a livello nazionale.
L’impianto di Sink Float fu un grosso impegno finanziario che consentì da subito la razionalizzazione delle produzioni. I maggiori risultati si videro nel lungo periodo e soprattutto quando i giacimenti si andavano progressivamente esaurendo. Fu proprio grazie alla presenza dell’impianto di Pian di Fieno che fu possibile continuare la produzione durante l’ultima gestione, centellinando il minerale “ricco” e miscelandolo con quello a tenore più basso.

Didascalie – Figura 1: i vertici della concessione mineraria “Gambatesa” della SIL.MA. s.r.l. (1976) che riprendono quelli della precedente concessionaria ITALSIDER. Figura 2: il vertice n. 5 della “Concessione Mineraria Gambatesa”, presso le Rocche di Valletti (Maissana) nella seconda metà anni Ottanta. Figura 3: il vertice n. 7 della “Concessione Mineraria Gambatesa”, ancor in posto, al Monte Porcile. Si leggono ancora le lettere incise CG (sn) e si intravedono i due martelli incrociati, simbolo di miniera (dx).

Il principio del Sink Float

Nei primi anni Cinquanta del secolo scorso vennnero sperimentati nuovi sistemi di  arricchimento del tout venant di miniera.
Uno di questi fu il Sink Float, un particolare processo di arricchimento gravimetrico. Il principio fisico su cui si basava era molto semplice. Sfruttava la differenza fra il peso specifico del minerale a basso tenore (quello misto alla ganga mineralizzata o parzialmente mineralizzata) e quello della ganga sterile. L’agente in grado di  operare tale separazione era un mezzo denso, cioè un liquido studiato e preparato con un peso specifico di valore intermedio fra i due elementi. Ciò consentiva l’eliminazione per galleggiamento (float) della ganga sterile e lo sprofondamento (sink) del minerale, che poi veniva recuperato.
Naturalmente era necessaria una serie di operazioni propedeutiche: dalla macinazione del tout venant, lavaggio, sfangatura, fino all’eliminazione della frazione fine con diametro 0,0-2,5 mm prima di essere immesso nel liquido denso. Questo perché il fine inibiva il processo, mentre i risultati migliori si ottenevano con le classi granulometriche maggiori di Ø 3-4 mm.
Studi preliminari sulla migliore macinazione da adottare per i diversi materiali da trattare e sulla densità di separazione sono normalmente eseguiti in un laboratorio attrezzato dove, da prove comparative a diverse macinazioni e a diverse densità, si ricava la classe ottimale da trattare al S.F. e la densità più conveniente del “mezzo denso” per raggiungere i migliori risultati economici… (RIGONI, 1954). 
Così anche Pian di Fieno fu dotato di un importante laboratorio chimico. Venne ospitato nel grande edificio bianco di fronte all’infermeria ed all’impianto (Figura 4). Poi con l’abbandono della concessione da parte di ITALSIDER e la vendita dell’edificio, il laboratorio chimico venne relegato in un locale a pian terreno della costruzione che ospitava anche gli uffici, i servizi e gli spoglatoi (Figura 5 e Figura 6).

Il mezzo denso

Il mezzo denso era una miscela di microparticelle minerali (magnetite, ferro-silicio, magnetite + ferro-silicio oppure galena) di granulometria compresa fra 65 e 200 μ ed acqua in precisi rapporti per raggiungere la densità desiderata. Le miscele di ferro-silicio erano un brevetto Cyanamid, mentre la galena era un brevetto Huntigton Heber. La discriminante d’uso tra i due materiali era la differenza di peso specifico fra la ganga e il minerale. Quando la differenza era molto contenuta veniva utilizzata la galena, negli altri casi la magnetite o il ferro-silicio.
Nei primi anni Cinquanta erano noti almeno tre sistemi industriali: l’inglese Heberlein (con mezzo denso a galena), l’americano della Western Machinery Company (con mezzo denso a ferro silicio ed orientata verso impianti prefabbricati) e la francese Le Drewboy che adottava un elevatore del tutto particolare.
Ognuno di questi era caratterizzato da pregi e difetti.
Nel caso dell’impianto di Pian di Fieno furono affidati due studi per definire l’impianto: uno alla Cyanamid ed uno al laboratorio di ricerca Buggerru della Società Mineraria della Pertusola.
I risultati più favorevoli furono quelli del laboratorio di Buggerru che …conseguendo un eguale tenore di Sink del 29,50% Mn, abbia realizzato un Float del 6,98% Mn, contro il 9,85% della Cyanamid, con un rendimento metallo sull’alimentazione al S.F. del 91,50% contro lo 83%… (RIGONI, 1954). Questi risultati furono confermati dalle successive produzioni dell’impianto di Pian di Fieno.

immagine nel testo

Figura 7 – Schema della catena operativa dell’impianto di Pian di Fieno. Da RIGONI, 1954.

Il pretrattamento del tout-venant

Il minerale di manganese giungeva a Pian di Fieno mediante teleferica (Figura 30) dai cantieri di Cassagna e di Monte Porcile (Figura 8), mentre era trasportato su gomma quello proveniente da Gambatesa. Dalle teleferiche era movimentato mediante camion nei tre silos prospicienti un piazzale sul retro dell’impianto (tettoia bianca al centro in Figura 4 e Figura 33). Qui il tout venant era suddiviso in base al suo tenore in manganese per essere miscelato secondo necessità. Questo minerale “a tenore controllato” passava al reparto frantumazione.
La frantumazione primaria era operata in un frantoio a mascelle Magutt, (2 di Figura 7, Figura 9 e Figura 10), ma …dosato opportunamente da un alimentatore a catene tipo Ross… (1 di Figura 7 e Figura 11; RIGONI, 1954). La pezzatura passava da circa Ø 250 mm a Ø circa 60÷80 mm.
In questa parte dell’impianto si trovava anche un edificio adibito a falegnameria ed a magazzino-deposito (Figura 12) nel quale è ancora presente uno dei frantoi a mascelle Magutt. Inoltre nella sezione frantumazione era stato installato un aspiratore con idrofiltro per l’abbattimento delle polveri (Figura 13 sn).
Un nastro trasportatore (3 di Figura 7, Figura 14 e Figura 15) trasferiva il macinato ad un vaglio con rete a maglie di 20 mm (4 di Figura 7 e Figura 16 sn). Il materiale maggiore di Ø 20 mm passava ancora ad un frantoio Allis Chalmers tipo Hidrocone (7 di Figura 7), che produceva anche dello scarto (Figura 17). Tutto il “fine” convergeva ad un elevatore a tazze (8 di Figura 7, Figura 18, Figura 19 e Figura 20) per passare alla sezione Sink Float, mentre l’ulteriore scarto maggiore di Ø 20 mm era allontanato a discarica (Figura 21).

Il trattamento al Sink Float

Tutto il materiale della classe 0÷20 mm veniva quindi stoccato in un silos.
Il passo successivo era il lavaggio facendo passare il materiale sotto un energico getto d’acqua in un vaglio sospeso regolato da un alimentatore a settore oscillante (Figura 22 e Figura 23). 
Il lavaggio e la separazione della classe 0÷4 mm dalla pezzatura 4÷20 mm erano due passaggi fondamentali. Il materiale più fine avrebbe potuto inquinare il mezzo denso riducendone o compromettendone l’azione e pertanto veniva allontanato e riversato nella discarica dei fini (Figura 21).
Il mercantile, invece, veniva sgocciolato e stoccato per la vendita.
Anche lo sterile era definitivamente posto a discarica. In qualche momento fu tentato di riciclarlo, ad esempio per rinforzare i manti di asfalto (ad esempio sulla strada del Bracco). Ma la durezza e gli spigoli vivi del diaspro usuravano eccessivamente i pneumatici, così l’idea fu abbandonata.
La pezzatura 4÷20 mm subiva il lavaggio e la sfangatura in un vaglio di drenaggio e lavaggio (Figura 24) prima di passare all’arricchimento.
Nel caso specifico l’impianto Sink Float di Pian di Fieno era …un impianto originale Wemco denominato Mobil-Mill tipo 1 M, appartenente alla serie prefabbricata, nel quale è impiegato come “mezzo denso” il ferro silicio (utilizzato quando era richiesta un’alta densità di separazione, n.d.a.) e che il tipo di separatore usato è quello a tamburo rotante illustrato nella tavola n. 6… (RIGONI, 1954; Figura 25 e Figura 26).
La classe 4÷20 mm era introdotta nel cuore dell’impianto e cioè il “tamburo separatore” (Figura 27 e Figura 28), continuamente attraversato dal mezzo denso opportunamente stabilito e nel quale si separava lo sterile dal mercantile. Il minerale era nuovamente vagliato e lavato per essere poi stoccato nelle “tramogge di carico” sul piazzale contiguo con la strada provinciale.

Il segreto per la resa del Sink Float

I segreti del funzionamento e della resa del Sink Float erano le regolari qualità ed alimentazione del mezzo denso.  A Pian di Fieno il circuito di alimentazione era quello schematizzato in Figura 29.
All’uscita dal tamburo rotante, il minerale era ancora unito al mezzo denso. La separazione fra i due componenti avveniva in un vaglio a doppia funzione di drenaggio e lavaggio. Il drenaggio era operato nella prima parte del vaglio, mediante una tavola vibrante. Il mezzo denso recuperato attraverso un cono raccoglitore ritornava in circolo nel sistema. Nella seconda parte del vaglio il materiale era assoggettato ad un forte getto d’acqua che lo liberava della restante pellicola di mezzo denso. Questo era il mezzo denso più inquinato di minerale e veniva accantonato per correggere la densità di quello circolante.
Esso, opportunamente regolato come quantità da piatti deviatori sistemati sotto il vaglio passa in un separatore magnetico dove, sotto l’azione di magneti, viene liberato dai finissimi e dai fanghi e successivamente inviato da una pompa ad un densificatore a spirale dove viene ispessito. Un demagnetizzatore provvede quindi a smagnetizzarlo prima che ritorni in circolazione… (RIGONI, 1954).

Il Sink Float di Pian di Fieno: esempio unico di archeologia industriale

Lo stabilimento di Pian di Fieno è rimasto in produzione fino al 1973. Solo la sezione frantumazione è rimasta in attività anche con la gestione SIL.MA. s.r.. Durante il periodo di massima produzione furono impiegati fino a trenta dipendenti suddivisi anche in turni di 24 ore sotto la direzione, dal 1968, di Giulio PINNA.
L’impianto ex FERROMIN e ITALSIDER di Pian di Fieno è un esempio unico, non solo in Italia, di impianto Sink Float ancora in buono stato di conservazione. La sua particolarità è quella di essere ancora praticamente completo, seppure in stato di incipiente degrado.

Oggi, fortunatamente, sia gli edifici che le attrezzature ed i macchinari sono soggetti a vincolo architettonico. Se non fosse intervenuto il vincolo nel 2016 è probabile che il tutto sarebbe stato alienato come ferro vecchio, al pari di altre strutture minerarie che hanno fatto la storia della Val Graveglia (ad esempio il piano inclinato della miniera di Monte Bossea).
Oggi l’impianto è tutelato nel suo complesso e questa è una certezza.
La desiderata vorrebbe che fosse inserito nel circuito del museo minerario della Miniera di Gambatesa, della quale è il naturale corollario.

Bibliografia

RIGONI, D. (1954, luglio). Brevi note sugli impianti di arricchimento a “mezzi densi” e su quello di “sink-float” di Piandifieno (Liguria).Bollettino Tecnico Minerario della Società Mineraria Siderurgica Ferromin, a. VII (1), 10-23.

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